Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Una lunga fila di poveri in attesa di un pacco dono

Newark 30.11.2011 Gian Paolo Pezzi Tradotto da: Originale

Era la vigilia del Thanksgiving Day, il giorno del ringraziamento, una vacanza a sfondo religioso iniziata nel 1621 e mi sono trovato a pensare gli auguri per questo Natale 2011. Nel frattempo, il brusio sotto la mia finestra aumentava e mi affacciai: una lunga fila di poveri in attesa di un pacco dono, con il tradizionale tacchino, per fare un po’ di festa.

Senza dirlo, gridavano la grande verità: la crisi economica è forte, il gran sogno americano è agli sgoccioli! A Newark, dove ormai vivo, sono il 24% della popolazione secondo le statistiche ufficiali; la Caritas diocesana afferma che sono di più perché le richieste de aiuti per cibo, malattie, affitti negli ultimi due anni , cresciute del 40%.

La festa del Thankgiving ebbe inizio tra la comunità degli immigrati nel Massachusetts: erano partiti dall’Europa in 400, durante il viaggio e il primo inverno ne morirono 200. Poi i così detti “indiani” del posto insegnarono loro a coltivare mais e zucca e ad allevare tacchini. Dopo il raccolto al loro secondo anno da immigrazione, costatarono con gioia che nell’ultimo anno nessuno era morto. E indissero un banchetto invitando gli “indiani” che avevano salvato loro la vita. Nel novembre 1623, William Bradford, Governatore della Colonia, la istituzionalizzò:Tutti i Pellegrini, con mogli e piccoli, radunatevi nella Casa delle Assemblee, sulla collina... Ascoltate il pastore e rendete grazie a Dio Onnipotente per tutte le sue benedizioni”.

Oggi è una festa solo civica, ma si continua a celebrarla con tacchino, zucca e mais: senza rendersi conto di far memoria della generosità degli “indiani” a cui, poco dopo per ringraziamento i coloni rubarono le terre, massacrando chi si opponeva. La bontà con cui erano stati accolti era dimenticata.

Natale. Altra festa che parla della bontà di un Dio Padre, anche questa facilmente dimenticata per far posto a regali e al ripetersi di auguri stantii, tanto per farci in qualche modo presenti. Eppure, come tutte le storie meravigliose perché vere, il Natale ha sempre qualcosa da dirci. Per esempio, mi faceva notare un messaggio, come andò poi a quel signore subito dimenticato, il padrone della locanda, che disse “Non c’è posto”? Era proprio vero o solo pensò che con quella povera gente c’era poco da guadagnare e che una donna incinta solo poteva portare problemi? 

Una cosa è certa qualche anno dopo quel signore avrà bussato alla porta del paradiso. Chi gli avrà aperto? Gesù, Maria… O Giuseppe morto poco prima? Gli avrà detto con un sorrisetto ironico: “Brav’uomo, non c’è più posto, andate più in là, c’è una grotta confortevole”! Oppure gli avrà fatto festa. In fondo, se non era per il suo rifiuto, nella storia del Natale non ci sarebbero né grotta, né mangiatoia, né pastori! Gesù sarebbe arrivato fra noi lo stesso, in un altro modo, certo, e sempre grazie a persone che chiudono la porta in faccia come l’albergatore di Betlemme o che la spalancano con fiducia come “gli indiani del Massachusetts”!   “Fare delle emergenze, opportunità”, è il titolo di un libro. Negli USA, ha fatto guadagnare un bel po’ di soldi, forse perché ricorda qualcosa di cui si ha proprio tanto bisogno oggi: una speranza che non abbandoni nemmeno nelle situazioni più tristi e quando il futuro appare incerto.

Non sempre è facile vedere Dio al lavoro e scorgere in ogni persona un fratello o una sorella cui offrire fraternità e amicizia. L’incertezza e la paura –a volte legittime e giustificate- tolgono libertà interiore e spazio umano di azione.

Saggio è chi scrisse sulla porta della nostra Chiesa: Ricorda che in fondo Natale è ancora e solo Gesù.

Vi tengo presenti nella mia preghiera.

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