La festa nigerina della donna non si celebra l’8 marzo ma il 13 maggio. Ricorda una grande marcia che ne ha viste protagoniste a migliaia, nel lontano 1991. Mauro Armanino, missionario a Niamey, si sofferma in particolare sulle donne che raccolgono sabbia sulla riva del fiume, la trasportano in secchi fissati alle estremità d’un bastone per poi venderla nella capitale, 30 centesimi d’euro per ogni tazza, ai muratori o ad altri acquirenti. Quella sabbia, spiega, portata in spalla grazie al Tagala, il bastone, racconta meglio di altre cose come il mondo, anche in Niger, riposi soprattutto sulle spalle delle donne che hanno il compito di costruirlo ogni giorno. Di sabbia, come ogni cosa.
In Niger il 13 maggio è l’anniversario della marcia delle donne. Nel 1991 si preparava la Conferenza Nazionale Sovrana che avrebbe costituito la più grande opportunità democratica vissuta dal giovane stato del Niger fino ad allora. Furono migliaia, quel giorno, le donne a marciare fino alla sede della Primature, per esigere una più consistente rappresentazione femminile nella commissione preparatoria della Conferenza. L’anno seguente, il 25 novembre del 1992, la data del 13 maggio sarebbe diventata la Giornata nazionale della donna nigerina. La via dell’emancipazione delle donne è affascinante.
La storia e la vita quotidiana del Paese passano da loro. In casa, al mercato, a scuola, in ospedale, nelle cliniche, negli uffici statali, nei sindacati, tra i vigili e nelle Forze Armate, le donne ci sono sempre. Più ancora, nelle zone rurali del Paese sono loro a trasformare terra e campi in opportunità di cibo per l’indefinita famiglia a loro carico. Legna, acqua, mercato, cucina e molto altro ancora costituiscono spesso la giornata, il passato ed anche il futuro delle numerose donne contadine. Nel nostro stesso Paese, più ancora che altrove, coesistono vari paesi che sovente si ignorano o, più spesso, fingono di non conoscersi.
Secondo dati recenti della Banca Mondiale, infatti, il Niger, con un’economia poco diversificata, dipende dall’agricoltura per il 40 per cento del suo Prodotto Interno Lordo. Il livello dell’estrema povertà toccava, nel 2021, il 42 per cento della popolazione, circa 10 milioni di persone. Il Niger si trova a gestire l’arrivo di rifugiati dalla Nigeria e dal Mali, entrambi per motivi di sicurezza. L’Ufficio di Coordinamento delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari, ha recensito 250 mila rifugiati ed oltre 276 mila sfollati. Molte ragazze, per motivi economici, qui si sposano prima di 15 anni.
Una particolare parabola di questi mondi che si passano accanto è costituita dalle ‘venditrici di sabbia’. Anche il settimanale dell’area di maggioranza politica, il ‘Sahel Dimanche’, in edizione speciale per la festa dei diritti delle donne nigerine, ne parla nelle sue ultime pagine. Si chiama ‘Tagala’ il bastone portato sulle spalle coi due recipienti alle estremità, riempiti di sabbia raccolta sulla riva del fiume Niger o in altri siti propizi. La sabbia, o talvolta la ghiaia, viene raccolta, passata al setaccio per eliminare le scorie, e versata nei due secchi posti alle estremità del bastone e tenuti in equilibrio da corde. Poi si gira in città per vendere.
Per 200 franchi locali, circa 30 centesimi di euro alla ‘tazza’. Le donne che vendono la sabbia arrivano dai villaggi dei dintorni di Niamey ed è per sopravvivere ogni giorno che esercitano questo mestiere. Vanno al mercato e vendono la sabbia ai muratori o ad altri acquirenti interessati. Lasciano le loro famiglie al villaggio e cercano in città quel poco che serve per sfamare o prendersi cura della salute dei figli. Nella festa delle donne, le venditrici di sabbia di Niamey, sono, forse senza saperlo, qualcosa di unico. Appesi a corde, tenuti in equilibrio sulle spalle, i secchi contengono molto più della sabbia o della ghiaia. Sono un segno eloquente che il mondo, così com’è, riposa sulle spalle delle donne che lo costruiscono ogni giorno… di sabbia.
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