Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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La relazione sinodale auspica una Chiesa aperta a tutti e vicina a un mondo ferito

Città del Vaticano 28.10.2023 Salvatore Cernuzio Tradotto da: Jpic-jp.org

Donne e laici, diaconato, ministero e magistero, pace e clima, poveri e migranti, ecumenismo e identità, nuovi linguaggi e strutture rinnovate, missioni antiche e nuove (anche digitali), ascolto di tutti e approfondimento anche dei temi più "controversi": la relazione di sintesi approvata e pubblicata sabato 28 ottobre 2023 dalla XVI Assemblea generale del Sinodo sulla sinodalità getta uno sguardo nuovo sul mondo, sulla Chiesa e sulle loro richieste.

La prima sessione del Sinodo in Vaticano è iniziata il 4 ottobre nell'Aula Paolo VI, è durata durando quattro settimane e si è conclusa alla fine dello stesso mese. Questo documento di una quarantina di pagine è il risultato dei lavori dell'assemblea, che "si è svolta mentre nel mondo infuriano vecchie e nuove guerre, con il dramma assurdo di innumerevoli vittime. Il grido dei poveri, di chi è costretto a migrare, di chi subisce violenza o soffre le devastanti conseguenze dei cambiamenti climatici è risuonata tra noi, non solo attraverso i mezzi di comunicazione, ma anche dalla voce di molti, personalmente coinvolti con le loro famiglie e i loro popoli in questi tragici eventi”, scrivono i padri sinodali.

La Chiesa ha cercato di rispondere a questa sfida ed a molte altre durante tutto il mese di ottobre. Tutto è poi stato raccolto nella relazione di sintesi, divisa in tre parti, che traccia il lavoro da svolgere nella seconda sessione del 2024.

Ascoltare tutti, a partire dalle vittime di abusi

Come nella Lettera al Popolo di Dio, l'Assemblea sinodale ribadisce "l'apertura all'ascolto ed all'accompagnamento di tutti, compresi coloro che hanno subito abusi e lesioni nella Chiesa". Come parte del cammino "verso la riconciliazione e la giustizia", "chiede di confrontarsi con le condizioni strutturali che hanno permesso il verificarsi di tali abusi e di compiere gesti concreti di penitenza".

La sinodalità è un primo passo. Un termine che, secondo gli stessi partecipanti al Sinodo, è "sconosciuto a molti membri del Popolo di Dio" e "provoca confusione e preoccupazione in alcuni" che temono una rottura con la tradizione, un indebolimento della natura gerarchica della Chiesa, una perdita di potere o, al contrario, immobilismo e mancanza di coraggio per il cambiamento.

"Sinodalità" è un termine che "indica un modo di essere Chiesa che articola comunione, missione e partecipazione". È quindi un modo di vivere la Chiesa, di valorizzare le differenze e di sviluppare il coinvolgimento attivo di tutti, a partire dai sacerdoti e dai vescovi, perché "una Chiesa sinodale non può fare a meno della loro voce".

La missione

La sinodalità va di pari passo con la missione, da qui la necessità che "le comunità cristiane condividano la fraternità con uomini e donne di altre religioni, convinzioni e culture, evitando da una parte il rischio dell’autoreferenzialità e dell’autoconservazione e dall’altra quello della perdita di identità”. In questo stile pastorale, diventa importante rendere "il linguaggio liturgico più accessibile ai fedeli e più incarnato nella diversità delle culture".

Il rapporto dedica ampio spazio ai poveri, che chiedono alla Chiesa un amore inteso come "rispetto, accoglienza e riconoscimento". L'opzione preferenziale per i poveri e per coloro che sono rimasti indietro è una categoria teologica più che culturale, sociologica, politica o filosofica. I poveri sono i migranti, le popolazioni indigene, le vittime di violenze ed abusi (soprattutto le donne), del razzismo e della tratta, le persone dipendenti e le minoranze, gli anziani abbandonati, i lavoratori sfruttati. "I più vulnerabili tra i vulnerabili, a favore dei quali è necessaria una costante azione di advocacy, sono i bimbi nel grembo materno e le loro madri", i nuovi poveri creati dalle guerre e dal terrorismo, e da "sistemi politici ed economici corrotti".

La Chiesa deve impegnarsi sia nella "denuncia pubblica delle ingiustizie" perpetrate da individui, governi ed imprese, sia nell'azione politica attraverso associazioni, sindacati e movimenti popolari. Senza trascurare l'azione consolidata della Chiesa nei campi dell'educazione, della salute e dell'assistenza sociale.

Il documento riprende quindi il lavoro del Sinodo e passa in rassegna alcuni temi principali.

Le migrazioni

L'accento è qui posto su migranti e rifugiati, "molti dei quali portano le ferite dello sradicamento, della guerra e della violenza", ma che possono essere "fonte di rinnovamento ed arricchimento per le comunità che li accolgono ed un'occasione per stabilire un legame diretto con Chiese geograficamente lontane". Il Sinodo invita "a praticare un'accoglienza aperta, ad accompagnarli nella costruzione d’un nuovo progetto di vita ed a costruire una vera comunione interculturale tra i popoli". Un modo è rispettare le loro tradizioni liturgiche e le loro pratiche religiose.

Una parola come missione, in contesti in cui "l'annuncio del Vangelo è stato associato alla colonizzazione e persino al genocidio", si carica d’una eredità storica dolorosa ed ostacola la comunione: "Evangelizzare in questi contesti richiede di riconoscere gli errori compiuti, d’apprendere una nuova sensibilità a queste problematiche". La Chiesa deve mostrare attenzione ad una "cultura del dialogo e dell'incontro, combattendo il razzismo e la xenofobia, in particolare nei programmi di formazione pastorale", identificando "i sistemi che creano o mantengono l'ingiustizia razziale all’interno della Chiesa e combatterli".

Chiese orientali

Le migrazioni hanno portato l'Assemblea sinodale a rivolgere la propria attenzione ai recenti conflitti che hanno portato all'afflusso d’un gran numero di fedeli dall'Oriente cattolico verso territori prevalentemente latini. È necessario "che le Chiese locali di rito latino, in nome della sinodalità, aiutino i fedeli orientali emigrati a preservare la loro identità". L'ecumenismo è, infatti, un rinnovamento spirituale che richiede "processi di pentimento" e "guarigione della memoria". Citando l'espressione del Papa ecumenismo di sangue, riferita ai cristiani di diverse appartenenze che hanno dato la vita insieme per la fede in Cristo, il Sinodo ha rilanciato la proposta d’un martirologio ecumenico. La collaborazione tra cristiani è una risorsa "per sanare la cultura dell'odio, della divisione e della guerra che contrappone gruppi, popoli e nazioni". 

Laici e famiglie 

Il documento sinodale ribadisce con forza che "laici e laiche, consacrate e consacrati, e ministri ordinati hanno pari dignità" e devono essere sempre più "presenti ed attivi anche nel servizio all'interno delle comunità cristiane". Come insegnanti di fede, teologi, formatori, animatori spirituali e catechisti, personale amministrativo, “il loro contributo è indispensabile per la missione della Chiesa". Non sono lì per sopperire alla mancanza di sacerdoti, o peggio, per essere ignorati, sottoutilizzati o "clericalizzati". I loro diversi carismi devono essere evidenziati, riconosciuti e pienamente valorizzati.

Alla Chiesa viene chiesto un forte impegno nell'accompagnare e comprendere le donne in tutti gli aspetti della loro vita, compresa la cura pastorale e sacramentale. Le donne "reclamano giustizia in una società ancora profondamente segnata da violenza sessuale e disuguaglianze economiche, e dalla tendenza a trattarle come oggetti". Il loro accompagnamento e la loro promozione vanno di pari passo.

Molte donne hanno espresso profonda gratitudine per il lavoro di sacerdoti e Vescovi, ma hanno anche parlato d’una Chiesa che ferisce". "Clericalismo, maschilismo ed un uso inappropriato dell'autorità continuano a sfregiare il volto della Chiesa e danneggiano la comunione". Sono necessari un profondo “rinnovamento delle relazioni” e dei “cambiamenti strutturali” perché il dialogo tra uomini e donne sia senza subordinazione, esclusione o competizione.

I pareri sull'accesso delle donne al diaconato sono stati contrastanti: per alcuni si tratta d’un passo inaccettabile, "in discontinuità con la Tradizione"; per altri, invece, “ripristinerebbe una pratica della Chiesa delle origini” e lo considerano "una risposta appropriata e necessaria ai segni dei tempi" per rinnovare le energie nella Chiesa. C'era chi temeva che avrebbe portato a una pericolosa confusione antropologica, allineando la Chiesa allo spirito dei tempi. Il Sinodo si è concluso con la richiesta di continuare "la ricerca teologica e pastorale sull'accesso delle donne al diaconato", utilizzando i risultati delle commissioni istituite dal Papa e le ricerche teologiche, storiche ed esegetiche già svolte per presentare i risultati alla prossima sessione dell'Assemblea.

Discriminazione ed abusi

L'urgente necessità di "garantire che le donne possano partecipare ai processi decisionali e assumere ruoli di responsabilità nella pastorale e nel ministero" è ribadita nel documento, che chiede di adattare di conseguenza il diritto canonico. La discriminazione nel lavoro e la disparità di retribuzione devono essere affrontate, anche nella Chiesa, dove le donne consacrate “troppo spesso sono considerate manodopera a basso prezzo".

D'altra parte, occorre ampliare l'accesso delle donne ai programmi d’istruzione e formazione teologica, incoraggiare l'uso di un linguaggio inclusivo nei testi liturgici e nei documenti della Chiesa ed abbandonare lo "stile autoritario che non fa spazio al dialogo fraterno”.

I diaconi "chiamati a vivere il loro servizio al popolo di Dio in un atteggiamento di vicinanza alle persone, di accoglienza e d’ascolto di tutti" devono evitare il clericalismo, che è solo una distorsione del sacerdozio, e combatterlo attraverso il contatto diretto con le persone ed i bisognosi. I seminari ed i corsi di formazione per i candidati al ministero devono essere legati alla vita quotidiana delle comunità, per evitare formalismi ed ideologie che portano ad atteggiamenti autoritari. In questo contesto, il tema del celibato è stato valutato in modi diversi. Pur apprezzandone il valore profetico e la testimonianza di conformità a Cristo, alcuni si sono chiesti se "il ministero presbiterale debba necessariamente tradursi nella Chiesa latina in un obbligo disciplinare", soprattutto laddove il contesto ecclesiale e culturale lo rende difficile.

La figura ed il ruolo del vescovo sono stati oggetto di molte riflessioni. Un esempio di sinodalità sarebbe che il vescovo esercitasse la corresponsabilità, coinvolgendo nel suo servizio altri attori della diocesi e del clero per alleviare il sovraccarico d’impegni amministrativi e giuridici che spesso ostacolano la sua missione. Un vescovo che non trova sostegno umano e spirituale è condannato ad una dolorosa solitudine. Gli abusi da parte dei sacerdoti, ad esempio, rendono difficile per molti vescovi "conciliare il ruolo di padre e quello di giudice". Sarebbe bene "affidare il compito giudiziale a un’altra istanza, da precisare canonicamente".

Questo insieme di temi invita ad un approccio sinodale la formazione dei ministri nella Chiesa e ad "approfondire il tema dell'educazione affettiva e sessuale, per accompagnare i giovani nel loro cammino di crescita e per sostenere la maturazione affettiva di coloro che sono chiamati al celibato e alla castità consacrata" attraverso il dialogo con le scienze umane per una migliore comprensione di questioni controverse, anche all'interno della Chiesa.

Si tratta delle questioni che sollevano problemi relativi "all'identità di genere e all'orientamento sessuale, al fine vita, alle situazioni matrimoniali difficili e alle problematiche etiche connesse all’intelligenza artificiale". Dobbiamo darci il tempo e l'energia necessari per riflettere, senza cedere a giudizi semplicistici che feriscono le persone e la Chiesa nel suo insieme. Il Magistero ha già offerto molte indicazioni che attendono d’essere tradotte in iniziative pastorali.

L'ascolto

Infine, il documento rinnova l'invito all'ascolto autentico delle "persone che si sentono emarginate o escluse dalla Chiesa a causa della loro situazione matrimoniale, identità e sessualità" e che "chiedono di essere ascoltate e accompagnate, e che la loro dignità sia difesa". Il loro desiderio di "tornare a casa", nella Chiesa, e "di essere ascoltate e rispettate, senza temere di sentirsi giudicate", nasce dal rispetto e dalla dignità che si deve a ogni persona.

Le esperienze riportate all'Assemblea dai membri del SECAM (Simposio delle Conferenze Episcopali dell'Africa e del Madagascar) incoraggiano infine a promuovere "il discernimento teologico e pastorale sul tema della poligamia e sull’accompagnamento delle persone in unioni poligamiche che si avvicinano alla fede".

La relazione di sintesi si conclude con una discussione sull'ambiente digitale. Ci incoraggia a "raggiungere la cultura attuale in tutti gli spazi dove le persone cercano senso ed amore, compresi i loro telefoni cellulari e tablet", tenendo presente che Internet "può anche causare danni e ferite, ad esempio attraverso il bullismo, la disinformazione, lo sfruttamento sessuale e la dipendenza". “È urgente riflettere su come la comunità cristiana possa sostenere le famiglie nel garantire che lo spazio online sia non solo sicuro, ma anche spiritualmente vivificante”.

Vedi, La relazione di sintesi approvata e pubblicata sabato 28 ottobre 2023

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