Il 6 agosto 1945, quando gli fu detto che la bomba atomica sganciata su Hiroshima era stata ancora più "vistosa" di quella sperimentale nel Nuovo Messico, il presidente Truman dichiarò al capitano Frank Graham: "Questa è una delle cose più grandi della storia". .
Nel giugno di quell'anno Henry Stimson, Segretario di Stato americano per la Guerra e consigliere chiave per l'uso di questa nuova arma, registrò uno scambio con Truman: "Ero un po' timoroso che prima che potessimo prepararci l'aviazione avrebbe potuto bombardare il Giappone così a fondo che la nuova arma non avrebbe avuto un contesto adeguato a mostrare la sua forza", al che il presidente "rise e disse di aver capito".
A Potsdam, nel luglio 1945, Winston Churchill e Clement Attlee avevano entrambi acconsentito alla decisione di Truman di usare la bomba. Circa 80.000 persone morirono istantaneamente a Hiroshima, mentre altre decine di migliaia morirono a causa delle radiazioni.
Hiroshima non era un centro militare e non aveva grandi industrie belliche. Coloro che la bombardarono si assicurarono che il punto di mira fosse il centro della città e non la periferia, smentendo l'annotazione di Truman nel suo diario: "L'obiettivo sarà puramente militare".
Dodici anni dopo, la filosofa cattolica Elizabeth Anscombe scrisse un pamphlet intitolato Mr Truman's Degree, in cui si opponeva fermamente al conferimento della laurea honoris causa all'ex presidente da parte dell'Università di Oxford. La Anscombe voleva di difendere la tradizionale visione cattolica secondo cui le intenzioni sono di grande importanza nel giudicare se gli atti sono buoni o cattivi, e che ci sono scelte che di per sé sono sempre moralmente da escludere.
La giustificazione morale addotta da Truman e dai suoi sostenitori era che il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki aveva evitato una maggiore perdita di vite umane ponendo fine alla guerra in tempi brevi. Questo rozzo ragionamento consequenzialista, tuttavia, ignora il fatto che tutte le nostre intenzioni, non solo quelle finali, sono moralmente significative.
Anscombe considerava il dato morale che scegliere d’uccidere un innocente come mezzo per raggiungere i propri fini è sempre un omicidio. Scrisse: "Ciò che è richiesto, affinché le persone da attaccare siano non innocenti in senso rilevante, è che siano esse stesse impegnate in procedimenti oggettivamente ingiusti di cui l'aggressore ha il diritto di preoccuparsi; o - il caso più comune - che lo stiano ingiustamente attaccando", dove "ciò che qualcuno sta facendo" si riferisce al ruolo proprio dell’aggredito ed a quanto sta di fatto facendo.
Le persone di Hiroshima e Nagasaki erano chiaramente innocenti in questo senso. E l'intenzione chiara ed immediata dei piloti dei bombardieri e di coloro che ordinarono il bombardamento era quella d’annientare un numero enorme di giapponesi come mezzo per il loro obiettivo ultimo di portare il Giappone alla resa.
Anche lasciando da parte i dubbi reali sulla giustezza della richiesta di una resa incondizionata e sulla necessità della bomba per ottenerla, la questione dell'intenzione è moralmente cruciale.
Le intenzioni sono importanti: contribuiscono a formare il nostro carattere in modo speciale e duraturo. E questo include non solo le nostre intenzioni finali, ma anche tutti i mezzi che scegliamo per raggiungerle. Non sempre è possibile evitare di causare effetti collaterali negativi: a noi tutti capita con molte delle cose che facciamo. Tuttavia, l'intenzione di provocare certi effetti negativi può essere evitata e dovrebbe essere evitata. La maggior parte di noi crede infatti che c’è una differenza tra i crimini di guerra, come l'uccisione di civili, e l'accettazione di veri e propri danni collaterali, anche se questi devono sempre essere proporzionati a un legittimo obiettivo di guerra giusta (Se guerra giusta esiste). L'intenzione di uccidere civili (o popolazioni indifferenziate) come mezzo per raggiungere il proprio fine non sarà mai moralmente accettabile.
Cosa dire allora della deterrenza nucleare alla luce di queste considerazioni? Se non è mai accettabile scegliere di bombardare persone innocenti, si può avere un'intenzione condizionata come parte d’una strategia di deterrenza?
Sicuramente no! Avere un'intenzione condizionata di fare qualcosa di malvagio non è moralmente più accettabile che avere la ferma intenzione di fare il male qualunque cosa accada.
E se la deterrenza nucleare fosse semplicemente un bluff e quindi non comportasse alcuna intenzione moralmente malvagia da parte dei leader mondiali?
Non c'è motivo di credere che i leader mondiali stiano bluffando ma, in ogni caso, come John Finnis ed altri hanno sottolineato, affinché il sistema della deterrenza funzioni, un gran numero di persone dovrà avere l'effettiva intenzione condizionata di eseguire l'ordine, anche se come ultima risorsa. Anche un leader che sta bluffando intende, dunque, che almeno alcuni dei suoi subordinati abbiano l'intenzione condizionata di compiere quest’atto intrinsecamente malvagio. I presidenti degli Stati Uniti ed i primi ministri del Regno Unito sono di fatto tenuti a sottoscrivere un sistema che richiede tali intenzioni.
Con l'uscita del film Oppenheimer e l'anniversario, il mese d’agosto, dell'olocausto nucleare perpetrato su Hiroshima e Nagasaki, vale la pena ricordare le critiche autorevoli a tali azioni. Il documento Gaudium et Spes del Vaticano II, riaffermando l'insegnamento costante della Chiesa, ha condannato in modo evidente tali atti, affermando: "Qualsiasi atto di guerra che miri indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste aree con la loro popolazione è un crimine contro Dio e contro l'uomo stesso, e merita una condanna inequivocabile e senza esitazioni".
Concentrarsi sull'intenzione significa concentrarsi sul cuore umano, un aspetto che alcuni preferiscono evitare anche quando pensano all'etica. Papa Pio XI, scrivendo alla fine della Prima guerra mondiale Ubi arcano Dei consilio, fece un commento preveggente, ancora attuale: "Nessuno può non vedere che né per gli individui né per la società né per il popolo è arrivata una vera pace dopo questa guerra disastrosa. Manca ancora la feconda tranquillità a cui tutti anelano. La pace è stata sì firmata tra i belligeranti, ma è stata scritta in documenti pubblici, non nel cuore degli uomini. Lo spirito di guerra lì regna ancora, portando danni sempre maggiori alla società".
Vedi, ‘Oppenheimer’ reminds us of some crucial moral absolutes
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