Il 4 maggio 1976, Paolo VI nominava vescovo ausiliare di Newark (New Jersey - USA) Joseph A. Francis. Era il quarto vescovo nero cattolico degli Stati Uniti - il primo fu James Augustine Healy. Il fatto è che la maggior parte delle ordinazioni di sacerdoti neri negli USA avvenne negli anni '70 e '80.
Il colore aveva marcato la gioventù di Giuseppe in ogni suo aspetto. Vivendo in un quartiere segregato, frequentò una chiesa solo per i neri, si recò in una scuola destinata solo ai figli dei neri, e quando andava al teatro, si sedeva nei posti riservati ai neri. Nel Seminario dei Missionari del Verbo Divino, durante le scuole superiori, ebbe a sperimentare la grande e bella esperienza di essere un uguale tra uguali in mezzo a studenti di varie nazionalità. Ma nell'iniziare il suo viaggio di 1500 km verso il Sud, per tornare alla sua terra natale, la Louisiana, fu diretto a spintonate da un supervisore bianco verso il vagone Jim Crow, riservato alle persone di colore. Lungo la strada notò il segnale "Solo per i bianchi" in varie stazioni ferroviarie. La sua pace interiore ne fu scossa e la sua collera si calmò solo dopo aver preso la decisione di combattere il razzismo in tutte le sue forme. Ed é quanto fece. Nominato vescovo scelse come suo motto "Giustizia, pace e libertà" e in Newark poté lavorare con diversi e numerosi gruppi etnici. A livello nazionale, fu il principale autore di "Fratelli e Sorelle per noi", la lettera pastorale dei vescovi Usa, scritta nel 1979, sul peccato del razzismo; su questa lettera tenne conferenze a livello nazionale e internazionale parlando della giustizia e della pace.
Il suo profetico impegno era radicato nella decisione della Chiesa cattolica di fare della giustizia sociale il nucleo centrale dell' evangelizzazione e del lavoro pastorale. Il 6 gennaio 1967, Papa Paolo VI aveva istituito la Pontificia Commissione "Giustizia e Pace" (con il Motu Proprio Catholicam Christi Ecclesiam). Era la risposta alle richieste del Concilio Vaticano II di creare un'istituzione che nella Chiesa avesse il ruolo di "stimolare la Comunità Cattolica a promuovere il progresso nelle regioni bisognose e la giustizia sociale sulla scena internazionale" (GS, n. 90). Due mesi più tardi, nella Populorum Progressio, Paolo VI confermava il nome della nuova commissione affermando che la Giustizia e la Pace dovevano essere anche il suo programma. Il 24 novembre 1971, Paolo VI autorizzò la pubblicazione del documento "La giustizia nel mondo", risultato del Sinodo dei Vescovi e dopo un periodo sperimentale di dieci anni, il 10 dicembre 1976 conferiva alla Commissione il suo status definitivo con il Motu Proprio "Giustizia e Pace".[1]
Introducendo, a Detroit, il suo discorso sulla lettera "Fratelli e sorelle per noi", il vescovo Francis affermava: "La prima comprensione viene dal saper vedere la realtà, dal vedere le persone nelle loro angoscie e gioie, nella loro povertà e nelle loro esigenze, nella loro dignità fondamentale dei figli di Dio". "Io considero me stesso, e così mi considerano gli altri, un attivista sociale. Sto cercando di portare un messaggio chiaro, un messaggio contenuto nella Bibbia e in tutti gli insegnamenti sociali: che ad ogni individuo si devono riconoscere i diritti fondamentali": era il suo autoritratto. Ma lontano dall'essere un profeta che vedeva tutto nero, il vescovo Francis era un grande maestro del linguaggio umorista e dava vita alla Parola di Dio; incarnò quello che Desmond Tutu ripete: i colonialisti hanno fatto un grande errore nel loro spirito di conquistatori, essi hanno portato al popolo la Parola di Dio!
La lotta per il popolo nero e la loro liberazione ispirò il suo stemma episcopale: la croce, segno della nostra ultima liberazione attraverso la morte di Cristo, sta al centro di catene spezzate e simboleggia l'unità di tutti i popoli in Cristo. Le torri sono quelle di Watt,[2] costruite da un italiano senza cultura, sono simbolo del desiderio di ogni povero di essere riconosciuto e di raggiungere l'immortalità. Le guglie delle torri sono simboli di speranza, spingono verso l'alto, libere dai legami della terra, una è bianca, l'altra nera, per mostrare quanto aumenta la bellezza quando la la negritudine abbraccia la bianchezza e viceversa. I gambi in basso a sinistra sono le canne da zucchero, simbolo dell'oppressione e della sopravvivenza degli antenati del vescovo Francis che furono lavoratori nei campi di canna della sua nativa Louisiana.
Grazie a Dio, più spesso che raramente, oggi una forte azione di advocacy è data dalla vita di persone reali.
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