Quando l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) era dominata dagli uomini, che occupavano tutte le sue posizioni più alte, le donne dovevano accontentarsi di essere segretarie amministrative. Le si vedeva battere sulle loro macchine da scrivere, sedute davanti agli uffici chiusi dei loro capi.
Una storia da leggenda circolava negli anni '60 e raccontava la vicenda di una candidata ad un colloquio di lavoro. Aveva credenziali superlative, inclusa un'esperienza lavorativa come analista politico, ed si era armata d’una laurea in una prestigiosa università statunitense. Il direttore delle risorse umane dell'Onu, però, ebbe una sola domanda decisiva al termine dell'intervista: "Ma lei sa scrivere a macchina?"
Fortunatamente, quell’era è passata e l‘ONU ha compiuto progressi significativi nello sforzo di conformarsi ad una risoluzione di vecchia data dell'Assemblea Generale che chiedeva l'assoluta parità di genere in tutto il sistema, ovvero il 50% di uomini e il 50% di donne.
Come ha twittato il segretario generale dell’ONU António Guterres: “La pandemia del covid19 ha dimostrato ciò che tutti sappiamo: millenni di patriarcato ci hanno portato a un mondo dominato da uomini, con una cultura dominata da uomini che danneggia tutti: donne, uomini, ragazze e ragazzi”.
Nel 2020, anno in cui ha commemorato il suo 75° anniversario, l'ONU, l'organizzazione multilaterale per eccellenza, assicura di aver raggiunto la parità di genere nei ranghi più alti della sua leadership amministrativa, ma non ha ancora raggiunto la "parità" a tutti i livelli.
Inoltre, due recenti sondaggi tra il personale a New York e a Ginevra hanno lasciato intravvedere diverse critiche a proposito della grande assenza di donne di colore in tutta l’organizzazione. A ciò si aggiungono altri problemi non di genere, come il diffuso razzismo interno e la mancanza di un'equa rappresentanza geografica del personale del sud in via di sviluppo.
In una lettera ai dipendenti del 2 settembre, Guterres ha sottolineato gli sforzi per una parità da quando è entrato in carica il 1 gennaio 2017: "Dopo quasi quattro anni, posso dire che abbiamo fatto molta strada".
Nel 2019, per la prima volta nella storia dell’ONU, il suo più alto funzionario aveva assunto un impegno esplicito per la parità di genere: “Abbiamo raggiunto questa parità tra i più alti dirigenti e tra i coordinatori residenti. Il 1° gennaio 2020 è stato raggiunto il traguardo della parità tra i direttivi ad alto livello e a tempo pieno: 90 donne e 90 uomini”, ha affermato. "Mi impegno a raggiungere questa parità a tutti i livelli dell'Organizzazione entro il 2028". Ed ha aggiunto, “siamo sulla buona strada per questo obiettivo, anche se i progressi sono irregolari e incoerenti; la nostra sfida più grande sono le missioni sul campo, dove il divario è maggiore e il ritmo di cambiamento più lento".
Come progredire su questa strada?
Prisca Chaoui, segretaria esecutiva del Consiglio di coordinamento del personale presso l'Ufficio dell’ONU a Ginevra, afferma che in passato, quando le donne avevano un avanzamento di carriera, provenivano generalmente da determinati gruppi geografici o regionali. “Si teme che l'attuale Strategia dell’ONU per la parità di genere possa seguire un modello simile. È fondamentale che questa importante iniziativa garantisca una parità di genere diversificata che includa donne del sud del mondo, di colore e dei paesi in via di sviluppo sottorappresentati", ha osservato.
L'ONU dovrebbe fare di più per avere al suo servizio i talenti preziosi e creativi di donne diverse che contribuiscano a colmare il divario di genere. Questo può solo aiutare l'ONU ad adempiere meglio al suo mandato, soprattutto in questi tempi difficili.
"Il genere e la diversità geografica non dovrebbero escludersi a vicenda, possiamo attuare la strategia per la parità di genere garantendo al contempo una migliore rappresentanza e diversità geografica", secondo Chaoui.
La mancanza di diversità geografica si riflette nell'assenza tra il personale da circa 21 Stati membri, secondo i dati del rapporto al Bilancio e al Comitato amministrativo dell’ONU (dicembre 2017). I 21 paesi non rappresentati nello staff, quasi tutti del sud, sono: Afghanistan, Repubblica Democratica Popolare del Laos, Andorra, Liechtenstein, Saint Vincent e Grenadine, Angola, Isole Marshall, São Tomé e Principe, Belize, Monaco, Timor-Est, Guinea Equatoriale, Nauru, Tuvalu, Kiribati, Palau, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar e Vanuatu.
Ian Richards, ex presidente del Comitato di coordinamento dei sindacati e delle associazioni internazionali del personale, ed economista alla Conferenza dell’ONU sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD), afferma che in passato Guterres ha invitato gli Stati membri ad un cambiamento nello statuto del personale per facilitare la parità. Ma la sua richiesta è stata respinta. "Pare che la richiesta sia stata percepita come contraria all'articolo 8 della Carta delle Nazioni Unite sulla non discriminazione e all'articolo 101 sul merito". Tuttavia, nonostante la pandemia del covid-19 e gli sforzi di recupero dai suoi effetti abbiano concentrato l'attenzione all'interno e all'esterno dell’ONU, dei cambiamenti sono stati in seguito fatti tramite un ordine esecutivo, internamente chiamato istruzione amministrativa, si è lamentato Richards.
E’ legale un ordine esecutivo se contraddice il regolamento del personale? A quanto sembra gli avvocati hanno analizzato la questione e ne hanno visto la fattibilità. Però, è saggio provocare gli Stati membri ignorando le loro indicazioni in un momento in cui alcuni cercano di tagliare i fondi? “Tutti vogliamo promuovere l'equilibrio di genere e tutti siamo impazienti di vederlo. Spero che questo passo non si ritorci contro i nostri sforzi".
Un'altra domanda è: perché il personale di servizio generale non è incluso? Sono personale come tutti gli altri e costituiscono la spina dorsale dell’ONU. L’ONU ha attualmente uno staff globale di circa 34.170 persone. Quello del Segretariato generale a New York è stimato in oltre 3.000 persone, ma bisogna tenere conto delle agenzie e delle altre organizzazioni. Le cinque maggiori agenzie da sole ne aggiungono quasi 50.000 in più. Il Fondo per l'infanzia (UNICEF) ha 12.806 dipendenti, l'Agenzia per i rifugiati (UNHCR) 9.740, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) 8.049, il Programma mondiale per lo sviluppo (UNDP) 7.177 e il Programma alimentare mondiale (PAM) 6.091.
Purnima Mane, specialista in salute sessuale e riproduttiva, che era il sottosegretario generale dell’ONU e vicedirettore esecutivo del Fondo ONU per la popolazione (UNFPA), afferma che l’ONU abbia raggiunto la parità di genere tra i suoi massimi dirigenti è incoraggiante. Ritiene inoltre "molto positivo" che Guterres abbia promesso di adottare le misure necessarie affinché entro il 2028 la parità di genere sia estesa a tutti i livelli interni. “È incoraggiante l'attenzione rivolta non solo ai numeri, ma anche ad un cambiamento nella cultura organizzativa. Ovviamente, ci deve essere trasparenza su ciò che questo cambiamento comporta in termini di obiettivi, come raggiungerlo e come sarà misurato il successo", ha affermato.
Calcolare non solo i numeri
Sebbene il reclutamento equo sia un modo per misurare la parità di genere, il numero paritario del personale maschile e femminile non può essere l'unico mezzo per misurare il successo nell'uguaglianza di genere. “La parità numerica è una parte fondamentale per garantire la parità di genere, ma deve essere accompagnata da sforzi che affrontino la qualità della vita lavorativa. Riconoscere le esigenze della vita delle donne e degli uomini di oggi e creare flessibilità nelle politiche circa la vita lavorativa è fondamentale per garantire questa qualità e uguaglianza", ha spiegato Mane.
Per questo, a suo avviso, occorre prestare attenzione ad altre aree critiche della vita lavorativa, come la parità nella ritenzione degli ingressi, il tasso di promozione, la retribuzione, il pacchetto di benefici che prevede modalità di lavoro adeguate e flessibili, soprattutto quelle legate alla maternità (e paternità) e il sostegno e il tutoraggio delle donne. Non sarà solo necessario fissare obiettivi per ciascuna di queste aree, ma anche riferire sulle decisioni per garantire trasparenza e responsabilità affinché la parità di genere abbia un successo completo e significativo, e a lungo termine, ha concluso.
Per Ben Phillips, autore del libro How to Fight Inequality ed ex responsabile della campagna per Oxfam e ActionAid, c'è una crescente confluenza di pensiero e d’azione che si intersecano tra i gruppi di base che combattono contro le disuguaglianze in tutto il mondo.
Ecco cosa significa veramente dire “Noi popoli”, le parole con cui inizia la Carta dell’ONU.
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