In condizioni difficili, la Repubblica Democratica del Congo sta per intraprendere un nuovo ciclo elettorale che inizierà a dicembre e proseguirà nel 2024. I combattimenti nell'est del Paese ed in altre regioni hanno privato più d’un milione di cittadini della tessera elettorale. L'opposizione, di fronte all'aumento della repressione da parte del governo e ad una Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) che considera favorevole al partito al potere, è tentata di rifiutare ogni fase del processo.
La Repubblica Democratica del Congo (RDC) organizza un nuovo ciclo elettorale, a partire dalle elezioni presidenziali del 20 dicembre 2023 e con altre elezioni nel 2024, in condizioni difficili. Il presidente Félix Tshisekedi si candida per un secondo mandato a fronte di un'opposizione divisa e d’un conflitto armato nella parte orientale del Paese.
Qual è il significato di queste elezioni? Dopo le contestate elezioni del 2018 e le violenze che ne seguirono, queste elezioni saranno cruciali per consolidare il progresso democratico nella RDC. Una gestione del processo elettorale senza consenso aumenterebbe il rischio di elezioni contestate e relative violenze, che potrebbero minare la stabilità del Paese.
Cosa si dovrebbe fare? Il governo dovrebbe limitare gli abusi dei servizi di sicurezza, la commissione elettorale dovrebbe garantire meglio la trasparenza e tutte le parti dovrebbero rinunciare ad una retorica incendiaria. I partner internazionali dovrebbero aiutare gli attori a trovare compromessi politici ed essere pronti a mediare se i risultati sono contestati.
La situazione.
La RDC sta dunque per intraprendere, in condizioni difficili, un nuovo ciclo elettorale che inizierà a dicembre e proseguirà nel 2024. I combattimenti nell'est del Paese ed in altre regioni hanno privato più d’un milione di cittadini della tessera elettorale. L'opposizione, di fronte all'aumento della repressione da parte del governo e ad una Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) che vede come favorevole al partito al potere, è tentata di rifiutare ogni fase del processo. Allo stesso tempo, il rischio di violenza in diverse località è alta. Un risultato presidenziale incerto o contestato potrebbe anche portare a una crisi nazionale, come è avvenuto nel 2018.
Per mitigare questi rischi, il governo dovrebbe garantire che tutti i partiti possano fare campagna elettorale senza intimidazioni o restrizioni indebite. Dovrebbe garantire che la CENI, che deve pagare il proprio personale e dovrebbe evitare le estorsioni sugli elettori, sia adeguatamente finanziata. Le potenze africane ed occidentali dovrebbero incoraggiare i politici a scendere a compromessi, denunciare gli abusi, sostenere gli osservatori elettorali nazionali, controllare appunto che la CENI sia adeguatamente finanziata ed essere pronti a mediare se necessario.
Mentre le elezioni entrano in dirittura d'arrivo, il Presidente Félix Tshisekedi ha i suoi punti deboli, ma conserva comunque buone possibilità d’essere rieletto. I suoi risultati non sono certo brillanti: la sicurezza è peggiorata in diverse regioni del Paese ed il boom del settore minerario non ha migliorato il tenore di vita della popolazione. Tuttavia, ha rafforzato la sua posizione allargando la sua coalizione a diverse figure politiche di spicco. L'opposizione, da parte sua, spera di sfruttare gli scarsi risultati di Tshisekedi, soprattutto in termini di sicurezza. Ma è frammentata e deve affrontare notevoli ostacoli, non ultima la difficoltà di fare campagna elettorale in un Paese molto vasto e con infrastrutture particolarmente carenti. Ad oggi, inoltre, ci sono pochi segnali che i leader dell'opposizione vogliano limitare il numero di candidati alle elezioni presidenziali, per ridurre il rischio di frammentazione del loro voto.
Il consenso è necessario per il corretto svolgimento delle elezioni e questo è… fortemente carente.
Le tensioni politiche aumentano. Numerose controversie ed occasioni di miglioramento mancate hanno caratterizzato i preparativi elettorali e la CENI continua ad affrontare notevoli sfide logistiche e politiche. La CENI e il governo, fin dall'inizio, hanno prestato scarsa attenzione alla necessità di trasparenza e non sono riusciti a coordinarsi seriamente con le missioni d’osservazione della società civile. La registrazione degli elettori è stata imperfetta e, in particolare, gli scontri tra le forze armate ed il gruppo d’insorti del Movimento del 23 marzo (M23) nel Nord Kivu - e i problemi di insicurezza altrove - hanno privato più di un milione di cittadini della tessera elettorale. La ripresa dei combattimenti all'inizio di ottobre tra l'M23 e l'esercito ed i suoi ausiliari fa temere che anche le persone con la tessera elettorale non possano votare a causa dell'insicurezza. In molte regioni, sembra che i funzionari elettorali abbiano impedito ai cittadini di registrarsi per motivi pretestuosi o che li abbiano registrati solo a cambio di una bustarella.
Allo stesso tempo, le autorità hanno mantenuto lo "stato d'assedio" (una forma di legge marziale) in due province orientali e stanno reprimendo le manifestazioni e le riunioni altrove, limitando le libertà necessarie per una campagna pacifica.
E’ vero che il 12 ottobre, il presidente Tshisekedi ha annunciato una parziale e graduale revoca dello stato d'assedio, ma la mancanza di rispetto per le libertà politiche rimane una preoccupazione nelle province orientali, fortemente militarizzate.
Questi problemi creano molteplici rischi di disordini durante il periodo elettorale ed aumentano la probabilità che i risultati vengano contestati. Il 30 agosto, le truppe della Guardia Repubblicana hanno massacrato più di 50 civili che si stavano preparando a manifestare, dimostrando che i rischi d’abusi da parte delle forze di sicurezza durante la campagna elettorale sono reali.
Altri rischi che incombono su queste elezioni sono gli scontri tra i membri dei vari partiti, un aumento degli attacchi da parte di gruppi armati nell'est e nei dintorni di Kinshasa ed i conflitti violenti ai seggi elettorali se i funzionari non rispettano i diritti degli elettori o li costringono a pagare per votare. Inoltre, le tensioni elettorali potrebbero portare a scontri tra comunità già in conflitto per la governance locale, l'uso della terra e l'accesso ai siti minerari. Tutti questi rischi sono aggravati da una retorica incendiaria irresponsabile, sia online che offline.
Se i partiti perdenti o i loro sostenitori rifiutano i risultati, potrebbe scoppiare una crisi politica più ampia, che potrebbe essere seriamente esacerbata se i combattimenti continuassero o si aggravassero nella parte orientale del Paese. La RDC ha compiuto molti sforzi per aprirsi ad un futuro più democratico e, a lungo termine, per uscire dalla povertà e dalla guerra. Un'elezione mal organizzata, che escludesse un gran numero di cittadini dal voto, potrebbe compromettere questi sforzi. Si è ancora a tempo per evitare una grave crisi al momento dell'annuncio dei risultati elettorali. Ma se dovesse accadere, i vicini rivali e gli attori regionali potrebbero non essere in grado di intervenire per mediare o fornire una soluzione. Molti di loro infatti partecipano ai combattimenti nell'est della RDC, ma con un grado di coordinamento molto limitato e con obiettivi operativi diversi e non sempre conciliabili. Alcuni, poi, sostengono da tempo questi gruppi armati allo scopo di potenziare la loro influenza nel Paese.
Gli attori principali, in particolare il governo e la Ceni, dovrebbero adottare misure essenziali per ridurre il rischio di violenza localizzata o d’una crisi più ampia.
Vedere Élections en RD Congo : limiter les risques de violence con il rapporto completo dell’organismo Crisis Group
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