Giustizia, Pace, Integrità del Creato
Giustizia, Pace, Integrità del Creato
Giustizia, Pace, Integrità<br /> del Creato
Giustizia, Pace, Integrità del Creato
Giustizia, Pace, Integrità del Creato

L'ONU vive ancora negli anni '40 mentre ha urgente bisogno di riforme

IPS 19.09.2023 Thalif Deen Tradotto da: Jpic-jp.org

Dal punto di vista politico, le Nazioni Unite sono state ampiamente descritte come un monumentale fallimento, con pochi o nessun risultato nella risoluzione dei conflitti militari e delle guerre civili del mondo, tra cui la Palestina, il Sahara occidentale, il Kashmir e, più recentemente, l'Ucraina, lo Yemen, l'Afghanistan, la Siria, il Sudan ed il Myanmar.

Eppure, per dare al diavolo ciò che gli spetta, l’ONU ha compiuto notevoli servizi fornendo cibo, riparo e cure mediche a milioni di persone coinvolte nei conflitti militari in Ucraina, Sudan, Siria, Libia e Somalia. L’ONU si è quindi gradualmente trasformato in un'organizzazione d’aiuti umanitari e di diplomatici senza frontiera? Quanto è giusta questa caratterizzazione?

È un fatto che alla riunione ad alto livello dell'Assemblea generale dell’ONU, che ha avuto inizio il 18 settembre scorso, i leader politici rappresentanti quattro dei cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza (P5), erano MIA, missing in action “dati per dispersi”: si tratta del primo ministro britannico Rushi Sunak, del presidente francese Emmanuel Macron, del presidente russo Vladimir Putin e del presidente cinese Xi Jinping.

L'unico del P5 presente era il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Mancava anche Narendra Modi, il Primo Ministro dell’India, un Paese descritto come una delle potenze politiche ed economiche in ascesa nel mondo e desideroso di guidare il Sud globale. Era un messaggio criptato per l’ONU o sta ONU iniziando a manifestare la sua inutilità politica?

Interrogato sull'assenza dei quattro membri del Consiglio di Sicurezza, il Segretario Generale Antonio Guterres ha risposto senza mezzi termini ai giornalisti: "Non credo che la settimana dell’Assemblea Generale sia più o meno rilevante per la presenza o meno dei leader di un Paese. Ciò che conta sono gli impegni che i governi sono pronti a prendere in relazione agli SDGs ed a molti altri temi della settimana. Non si tratta di una fiera delle vanità... Ciò che conta non è la presenza di questo o quel leader. Ciò che conta è l'impegno del rispettivo governo in relazione agli obiettivi del vertice”.

Di fatto però la riforma delle Nazioni Unite - tra cui la rivitalizzazione dell'Assemblea Generale, l'aumento del numero di membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e la mancanza di empowerment di genere ai vertici della gerarchia ONU, con nove segretari generali tutti uomini e solo 4 donne su 78 presidenti dell'Assemblea Generale - è sul tavolo da decenni, senza che questi temi vengano affrontati. Lo saranno mai?

In un'intervista, Natalie Samarasinghe, direttore generale dell'Open Society Foundation, ha affermato che ogni cambiamento è difficile all'ONU. L’ONU si basa sull'equilibrio tra principi e politica ma i primi entrano nella pratica solo quando si allineano con la seconda.

L’ONU è stata attiva sostenendo la lotta contro il colonialismo e l'apartheid ed aiutando gli emarginati a promuovere la loro causa attraverso lo sviluppo ed i diritti umani. Nel contempo però ha contribuito a mantenere le strutture di potere del 1945. Ciò si riflette nelle sue priorità, nella sua programmazione e nel suo personale. Questa realtà di fatto è oggi una debolezza e le Nazioni Unite sembrano ormai periferiche nel campo della pace e della sicurezza e faticano a coordinare delle risposte globali agli impatti degli ultimi anni.

Ciò non significa che l'organizzazione non possa cambiare. L'ONU di oggi sarebbe irriconoscibile per i suoi fondatori: per la sua forte attenzione allo sviluppo sostenibile, per il numero di Stati membri quasi quadruplicato e per gli organismi dedicati a quasi tutte le dimensioni dell'attività umana. Lo Carta dell'ONU non menziona gli iconici caschi blu o l'UNICEF, forse il "marchio" più noto dell'organizzazione, né allude al ruolo del Segretario generale come massimo diplomatico mondiale. Il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici e GAVI, l'alleanza interstatale per i vaccini - inconcepibile sette decenni fa - sono esempi della capacità dell'ONU di adattarsi alle nuove realtà.

Tuttavia, altre dimensioni dell'organizzazione sembrano congelate nel tempo, come il Consiglio di Sicurezza. È quindi possibile un cambiamento? Non è deprimente che la prospettiva di un Segretario generale donna sia ancora remota, o che solo quattro dei 78 presidenti dell'Assemblea generale siano state donne? Questo non dovrebbe essere il massimo d’una riforma, ma il minimo di partenza. C’è una rotazione regionale per le cariche. Perché non una rotazione di genere? È questo un cambiamento tanto realizzabile quanto necessario.

Il Consiglio di Sicurezza, di sicuro, è l'area in cui il cambio è il meno probabile. Ma il suo stallo - nella sostanza e nelle forme - ha aumentato la volontà dell'Assemblea Generale di fare da contrappeso a questo club esclusivo.

L'importanza dell'Assemblea, che è la cosa più simile a un parlamento mondiale, è cresciuta con l'aumento della frustrazione dei Paesi a basso reddito, che si trovano a sostenere il peso degli impatti globali senza avere una vera voce in capitolo per le soluzioni.

Questo fa parte di una tendenza più ampia perché all'ONU si sono già dati dei miglioramenti per il processo di selezione del Segretario generale nel 2016, il successo del Liechtenstein nel garantire che un veto del Consiglio inneschi automaticamente un dibattito in Assemblea ed il meccanismo investigativo sulla Siria. Ma i veri incentivi si daranno probabilmente fuori di New York.

Leader come Biden e Macron hanno fatto proprio l'invito a riformare l'architettura finanziaria internazionale. Il G20 di Nuova Delhi ha ripreso il linguaggio dell'Iniziativa di Bridgetown e dell'Agenda V20 su questioni come il debito e l'accesso ai capitali. Il che dimostra che forse abbiamo raggiunto il punto in cui i Paesi più piccoli e vulnerabili non accettano più lo status quo ed in cui i Paesi più grandi e ricchi si rendono conto che l'interdipendenza non è solo un concetto.

Natalie Samarasinghe ha ricoperto il ruolo di CEO dell'Associazione ONU - Regno Unito, ed è stata la prima donna a ricoprire tale ruolo, è stata anche speechwriter del 73° Presidente dell'Assemblea Generale e responsabile per le iniziative del 75° anniversario dell’ONU. Ha curato pubblicazioni sullo sviluppo sostenibile, sul cambiamento climatico e sui conflitti ed ha scritto sui diritti umani. Ha inoltre sostenuto una serie di coalizioni della società civile per migliorare il processo di selezione del Segretario generale. Rispondendo ad alcune domande, sottolinea i numerosi problemi che le Nazioni Unite devono affrontare.

D: In una conferenza stampa, Barbara Woodward, ambasciatrice britannica presso l’ONU, ha sottolineato "l'ambizione del Regno Unito di portare avanti la riforma del sistema multilaterale", affermando: "Vogliamo vedere aumentare i seggi permanenti del Consiglio per includere l'India, il Brasile, la Germania, il Giappone e una rappresentanza africana". Anche se questa proposta fosse adottata dall'Assemblea generale e dal Consiglio di sicurezza, dovrà essere seguita da un emendamento alla Carta delle Nazioni Unite. Quanto è arduo e lungo il processo di modifica della Carta?

Natalie Samarasinghe. Già nel 1945, la composizione del Consiglio di Sicurezza era un compromesso, con membri permanenti e veti che dovevano incoraggiare le cinque potenze dell'epoca a fungere da guardiani dell'ordine internazionale. Quell'illusione è andata in frantumi prima che l'inchiostro della Carta si asciugasse: la guerra fredda ha interrotto la luna di miele nell'ONU.

Oggi, il nostro mondo multipolare e polarizzato è meglio descritto come un grande caos. Conflitti di lunga data come in Palestina ed in Kashmir rimangono irrisolti, mentre le crisi si accumulano: Afghanistan, Etiopia, Haiti, Myanmar, Sudan, Siria, Ucraina. Davanti all'aggressione della Russia, c’è chi ricorda che non è la prima volta che uno dei cinque membri permanenti invade un altro Paese. Alcuni preferiscono una visione riduttiva del ruolo del Consiglio: prevenire i conflitti tra i P5 piuttosto che mantenere la pace e la sicurezza nel mondo intero. Dopo 18 mesi è comunque difficile non vedere nella guerra tra Russia e Ucraina un emblema dei fallimenti e dei limiti delle Nazioni Unite.

Persino nelle aree in cui aveva precedentemente ottenuto dei successi l'ONU sta perdendo colpi. Quando si chiede di citare operazioni di pace che hanno avuto successo, la maggior parte delle persone torna indietro di due decenni, alla Liberia o alla Sierra Leone. Fino al suo fallimento, l'accordo sul grano del Mar Nero era un raro esempio di mediazione andata a buon fine. Invariabilmente, i dibattiti su come rafforzare la capacità di pace e sicurezza dell’ONU girano intorno al Consiglio di Sicurezza. Dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, alcuni Stati, tra cui gli USA, si sono espressi più apertamente sulla necessità di una riforma. Questo rinnovato interesse non ha però reso più probabile la riforma.

Dal punto di vista procedurale, la riforma richiede la modifica della Carta delle Nazioni Unite. Ciò esige l'approvazione di due terzi dell'Assemblea Generale e la ratifica da parte delle rispettive legislature, comprese quelle dei P5. È successo solo una volta in relazione al Consiglio, nel 1965, quando il numero dei membri non permanenti è stato portato da 11 a 15 e la soglia di voto è stata aumentata di conseguenza. Dal punto di vista politico, uno dei maggiori ostacoli è la mancanza d’accordo all'interno de Paesi su chi debba ottenere un seggio. La riforma del Consiglio è un obiettivo che vale la pena perseguire e che merita una maggiore creatività, ad esempio sul ruolo delle organizzazioni regionali. Ma forse sarebbe meglio incanalare questa energia su come sfruttare il potere del sistema ONU nel suo insieme.

Dalle sanzioni alle indagini, l'Assemblea Generale potrebbe fare molto di più in materia di pace e sicurezza. Anche la Commissione per il consolidamento della pace potrebbe diventare più centrale, ad esempio coinvolgendo attori come le istituzioni finanziarie internazionali. E vale la pena di esaminare come la mediazione potrebbe essere fatta in modo diverso, con più risorse ed un pool di negoziatori più diversificato.

D: Le organizzazioni della società civile (OSC) hanno svolto un ruolo significativo nel mandato dell’ONU di garantire la pace e la sicurezza internazionale, proteggere i diritti umani e fornire aiuti umanitari. L'ONU ha dato alle OSC il posto che spetta loro?

Natalie Samarasinghe. Oltre 200 organizzazioni della società civile erano presenti alla nascita delle Nazioni Unite. La loro presenza ha contribuito a garantire i riferimenti ai diritti umani, all'uguaglianza di genere ed alla giustizia sociale nella Carta. Settantotto anni dopo, migliaia di esse sono venute a New York per l'apertura dell'Assemblea generale. Ogni giorno un numero ancora maggiore lavora con l'ONU, dato che le attività onusiane di sviluppo e umanitarie sono aumentate a dismisura: queste aree rappresentano oggi oltre il 70% dei fondi e circa i due terzi del personale dell’ONU.

Ma per molte OSC l’impegno si situa al margine. Solo una parte di esse ha accesso alla sede centrale dell'ONU, mentre sul campo incontrano spesso forti ostacoli alla cooperazione. Si parla molto di partnership, ma questa situazione negativa si da anche per altri attori, dai governi locali alle imprese.

Ciò ignora che forse la più profonda trasformazione della "comunità internazionale" negli ultimi decenni non è stato il riallineamento geopolitico, ma l'ascesa di attori non statali. Viviamo in un mondo in cui i profitti del settore privato eclissano i PIL (Prodotto Interno Lordo), in cui i movimenti sociali possono mobilitare milioni di persone e gli influencer cancellare miliardi con un solo post; in cui una ragazza seduta davanti alla sua scuola con un cartello può cambiare la conversazione globale. Eppure il sistema internazionale rimane ostinatamente stato-centrico.

Invece, i partenariati dovrebbero essere la norma. Le OSC sono fondamentali per realizzare gli SDG ed affrontare il cambiamento climatico. Forniscono assistenza essenziale nelle crisi umanitarie ed intervengono nelle zone di conflitto. Si schierano a favore di coloro che vengono ignorati e maltrattati, fungendo sia da partner che da coscienza dell'ONU.

I loro contributi dovrebbero essere valorizzati e sfruttati, attraverso un rappresentante ad alto livello della società civile, maggiori risorse per i gruppi di base ed una strategia globale d’impegno. Poiché le preoccupazioni circa la legittimità ed il potere aumentano, questa strategia dovrebbe includere un graduale trasferimento delle funzioni umanitarie e di sviluppo dell’ONU ai partner locali. Ciò favorirebbe un maggiore senso d’appartenenza, un maggior impegno ed una maggiore responsabilità. Potrebbe inoltre dare nuova vita agli SDG.

Dal punto di vista dell'ONU, ciò contribuirebbe ad alleviare l'insostenibile crescita del suo carico di lavoro, a liberala d’impegni dalle risorse limitate ed a mitigare l'incompatibilità sul campo delle sue varie funzioni: politica, umanitaria, di sviluppo e dei diritti umani.

È probabile che un tale cambiamento incontri una notevole resistenza, anche all'interno delle Nazioni Unite. È più facile parlare del numero di scuole costruite o dei rifugiati salvati come prova di successo, soprattutto quando le tensioni geopolitiche rendono più difficili i progressi in settori come la definizione di norme e la mediazione. Ma è proprio in questi ambiti che l'ONU è più necessaria: funzioni che non possono essere facilmente svolte da altri. Il G20 non è un G193; e l’ONU si posiziona in un modo unico che fa la differenza, dal coordinamento delle emergenze alla solidarietà globale. Questo dovrebbe essere lo spirito che guida il Vertice del futuro del prossimo anno: una lista di compiti realistici per le Nazioni Unite, una maggiore responsabilità per i partner ed ambizioni più elevate per i popoli del mondo.

Vedi, UN, Still Living in the 1940s, Urgently in Need of Reforms | Inter Press Service (ipsnews.net)

Lascia un commento