Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Bisogna fare di più che abbattere (alcune) statue

America, The Jesuit review 22.06.2020 Massimo Faggioli Tradotto da: Jpic-jp.org

Il 4 novembre 2020 Joaquen Roy, professore e direttore della cattedra Jean Monnet e del Centro UE dell'Università di Miami, ha scritto El Problema no es Trump (Trump non è il problema). Trump ha ricevuto più voti popolari di qualsiasi presidente eletto nel passato, eccetto Joe Biden, naturalmente. Fisicamente, simbolicamente ed emotivamente, il movimento per screditare la sua immagine nella scena politica, da parte di tv e mass media, è già iniziato. Vale la pena ricordare quanto scrisse Faggioli sul rovesciamento di statue fisiche solo pochi mesi fa.

Buttar giù la statua di un personaggio storico è un atto politico. Così come lo è costruirne una nuova. In primo luogo, rimuovere i monumenti non è un gesto più violento di quanto non lo fosse installarli. Ma per quanti desiderano comprendere il momento attuale, il punto saliente non è "legge e ordine" o "decoro urbano". Il problema è cosa vogliamo fare con il nostro passato.

Alcune statue meritano di essere rovesciate. Ma non è necessariamente il modo più efficace per costruire un futuro diverso. Alcune statue meritano di essere abbattute e rimosse perché il loro valore simbolico è stato minato da un ripensamento politico e storico-grafico di un tragico passato. In Italia, molti monumenti del regime fascista sono stati rimossi molto prima che fosse possibile insegnare la storia dei regimi autoritari del XX secolo. Ci sono anche altri esempi. Nell'Europa orientale post-comunista, ad esempio, le statue dell'era sovietica venivano spesso trasferite in musei e parchi per diventare parte di un fenomeno di ri-significazione dell'arte politica.

Ma il nostro problema è diverso. L'attuale abbattimento di statue nell'emisfero occidentale (negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in alcune parti dell'Europa occidentale) non riguarda semplicemente un cambiamento di regime politico, ma una crisi di civiltà.

La cultura europea e il cristianesimo sono stati chiamati al banco degl’imputati. Naturalmente non sono privi di colpe: il colonialismo, la schiavitù, il genocidio, l'oppressione culturale e la supremazia bianca hanno fatto molte vittime. Ci sono culture o religioni totalmente innocenti?

Walter Benjamin, il filosofo ebreo tedesco morto nel 1940 mentre fuggiva dai nazisti, scrisse che "non esiste documento di civiltà che non sia allo stesso tempo un documento di barbarie". Interpreto questo nel senso che distruggere le statue non è necessariamente il modo più costruttivo per rielaborare un passato tragico e costruire un futuro diverso. Siamo responsabili del passato, e distruggere le statue non ci assolve dal problema di tale responsabilità. Potrebbe anche portare all'assurdo che quelli di noi che distruggono monumenti del passato si sentano "dalla parte giusta della storia", qualcosa che confina con l'autocompiacimento. Forse il linguaggio “dell'essere dalla parte giusta" funziona in politica, ma intellettualmente e moralmente confina con l'autoillusione.

Ciò di cui abbiamo bisogno è di lottare per la giustizia e la redenzione delle vittime attraverso azioni anche politiche. Ma questo è impossibile senza dare un senso alla storia. Distruggere le statue fa della storia un dramma. Dovrebbe invece essere vista come una tragedia, dove "tragico" significa vedersi non solo in solidarietà con le vittime, ma anche come parte di quel passato.

Ciò che ci si aspetta, specialmente da coloro che hanno una vocazione professionale per farlo, è un discernimento degli spiriti. Distruggere è più veloce che dare un significato ai monumenti del passato. A volte la ri-significazione non è possibile e porterebbe, al contrario, a più violenza e oppressione. In altri casi, l'iconoclastia contro le opere d'arte è un ostacolo contro la possibilità di comprendere il passato: le opere d'arte sono cose vive, mai chiuse o finite, in quanto vanno sempre elaborate con nuove interpretazioni e dottrine.

No si può rifare la storia, ma non si può neanche darla per conclusa. Come Terry Eagleton ha sottolineato nel suo libro Hope without Optimism (Speranza senza ottimismo), siamo responsabili del passato, del presente e del futuro: "Il significato degli eventi passati sta in ultima analisi nella tutela del presente". Il punto di vista delle vittime deve essere il punto di partenza: "Non si può far risorgere i morti; ma c'è una tragica forma di speranza per cui possano essere investiti di nuovo significato, interpretati diversamente, intrecciati in una narrazione che essi stessi non avrebbero potuto predire".

Questa tutela del presente non può limitarsi a una narrazione politica, ma deve andare più in profondità in una visione teologica della storia, che è "la possibilità di un mondo condiviso attraverso gli abissi della differenza", per usare le parole del teologo Rowan Williams. Ciò che oggi non esiste più è la capacità di vederci come parte della storia, non solo nell'ambito politico, ma anche nel mondo intellettuale cattolico contemporaneo, dove le discipline storiche sono state totalmente marginalizzate.

Questo non è solo l’appello accorato di uno storico, ma la generale preoccupazione per questa perdita di senso della storia.

Permettetemi di fare due esempi. Il primo riguarda il problema della tradizione teologica: cancelleremo dalle grandi collezioni di fonti, la Patrologia Graeca e la Patrologia Latina, tutti i Padri della Chiesa che hanno avuto opinioni antiebraiche o sessiste? O piuttosto, li contestualizzeremo per imparare come la comprensione del Vangelo cresce nella storia?

Il secondo esempio: la nuova fase degli scandali degli abusi sessuali (dopo il 2018) ha avviato un nuovo ciclo di analisi. Penso che i cattolici siano ancora alla ricerca di un’ermeneutica della storia, necessaria per comprendere gli scandali degli abusi sessuali in un modo che sia utile per costruire e correggere la loro tradizione teologica e magisteriale. Il rischio è che la Chiesa si limiti a far cadere, letteralmente o figurativamente, alcuni dei monumenti del suo passato, comprese le dottrine, le istituzioni e i leader della Chiesa.

I tedeschi, ovviamente, hanno una parola per questo: Vergangenheitsbewältigung, o "lavorare attraverso il passato". La rimozione delle statue può essere, nella migliore delle ipotesi, solo una parte di un processo molto più lungo e più difficile da percorrere. I monumenti abbattuti possono essere ostacoli, o possono diventare pietre miliari.

Vedi l'originale, We need to do more than topple (some) statues

 

Foto-. La statua di un generale confederato, Albert Pike, dopo che è stata abbattuta dai manifestanti e dato alle fiamme a Washington, D.C., il 20 giugno. (AP Photo/Maya Alleruzzo)

 

 

 

 

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I commenti dai nostri lettori (1)

Margaret Henderson 05.01.2021 Very interesting. What I’d do if the feeling of the local population became very unhappy about the presence of a particular status is remove it to a local museum and then use it for stimulating conversation around the controversy it was arousing.