Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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I nuovi puritani

Ethic 20.11.2024 Manuel Arias Maldonado Tradotto da: Jpic-jp.org

A che punto la ricerca dell'emancipazione umana, l'ideale che caratterizza i movimenti sociali sorti alla fine degli anni Sessanta, assume un carattere regressivo e sfocia nel tentativo di limitare l'esercizio dell'autonomia personale degli altri?

Ci siamo abituati a parlare di “guerre culturali” per descrivere la crescente tendenza - incoraggiata dalle reti sociali che ci connettono a tempo pieno con il grande teatro dei comportamenti altrui - alla censura morale degli altri.

Flashback. In una società liberale ripiegata su se stessa dopo la caduta del comunismo sovietico, la coesistenza dei diversi è diventata un tema fondamentale della filosofia politica e un argomento regolare del dibattito pubblico e delle decisioni giudiziarie: come possiamo vivere insieme nonostante i nostri disaccordi?

Pensatori come Rawls, Rorty, Habermas o Taylor hanno presentato le loro ricette per la costruzione di una “società ben ordinata”, mentre la globalizzazione post-comunista ha esteso la sfida della comprensione reciproca oltre i confini dell'Occidente. Tuttavia, la crisi finanziaria del 2008 e l'emergere del populismo hanno riportato lo spettro dell'illiberalismo; la sfida alle istituzioni democratiche va di pari passo con l'attacco alla libera scelta personale.

Così, mentre alcuni invitano a fare figli, altri chiedono di abbandonare l'auto per salvare il pianeta; i primi vorrebbero salvare il cristianesimo e i secondi arrivano a sostenere che solo un traduttore nero può tradurre un poeta nero. E mentre persiste la percezione che questa rivolta antiliberale sia guidata principalmente dalla destra, che comprende conservatori nostalgici di un mondo più omogeneo e reazionari intenzionati a capovolgere la modernità, è il protagonismo della sinistra che ha generato la maggiore sorpresa: che i giovani attivisti sventolino le bandiere del punitivismo penale, della cultura dell'annullamento o della restrizione della libertà di espressione non sembra corrispondere all'immagine ereditata dai movimenti emancipatori nati negli anni Sessanta.

Inutile aggiungere che gli impulsi moralizzatori della destra politica e sociale, laddove si manifestano, hanno meno segreti dottrinali; nel mondo della modernità, caratterizzato dal cambiamento e dalla dissoluzione dei valori tradizionali, il conservatore non si sente a suo agio e il reazionario prova una viva indignazione.

Al contrario, com'è possibile che si sia passati dal proibire le proibizioni del '68 e dalla rivoluzione sessuale che prometteva l'amore libero a una società in cui l'artista e il vicino di casa devono esibire una vita personale irreprensibile, pena la morte civile, e in cui viene biasimata l'influencer che si diverte a cucinare per il fidanzato o viene condannata alla morte civile la persona che ha osato indossare una maschera nera alla festa di carnevale a cui partecipava da adolescente? In altre parole, a che punto la ricerca dell'emancipazione umana, l'ideale che caratterizza i movimenti sociali sorti nelle società occidentali alla fine degli anni Sessanta, assume un carattere regressivo e si traduce nel tentativo di limitare l'esercizio dell'autonomia personale degli altri?

Si noti che questa inversione di ruoli ha permesso a una certa destra più o meno libertaria di pretendere di essere punk, confrontandosi con un nuovo establishment culturale dedito a porre limiti a ciò che ciascuno può o non può fare della propria vita: le oscenità che gli eroi degli anni Sessanta pronunciavano per scandalizzare la borghesia, una pratica iniziata nel periodo tra le due guerre dalle avanguardie artistiche, sarebbero ora patrimonio dei loro nemici.

Va da sé che la correttezza politica o la consapevolezza di un certo tipo di ingiustizia, fenomeni che definiscono quella che è stata descritta “ideologia woke”, hanno aspetti positivi. Il maggior rispetto con cui vengono trattate minoranze prima discriminate o almeno stigmatizzate è da accogliere con favore: è un cambiamento di linguaggio che va considerato come un ampliamento del cerchio della considerazione morale. Ma quando la sensibilità si trasforma in dogmatismo e coloro che credono di essere in possesso della verità si arrogano il potere di decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato, arrogandosi il diritto di vietare modi di vita che non amano, i cosiddetti guerrieri della giustizia sociale diventano vittime dei loro stessi eccessi. E se questa tendenza inaccettabile - che trova nelle reti sociali il terreno fertile per il suo sviluppo - può essere spiegata in molti modi, vorrei qui collegarla all'ideologia post-marxista che prende forma nelle società post-industriali durante la seconda metà dei Trente Glorieuses.

Partiamo da una tesi: solo chi crede di essere in possesso di una verità morale indiscutibile che esclude punti di vista alternativi arriva a comportarsi da puritano aggressivo. Si dà però il caso che la società liberale è definita dalla coesistenza - costituzionalmente protetta - di punti di vista alternativi. L'attivista deve quindi convincersi che questa pluralità liberale è una falsa pluralità; l'individuo che opera in essa è solo apparentemente un soggetto autonomo, poiché la sua vita manca della necessaria autenticità. La sua soggettività è stata catturata dalle forze del sistema; torniamo all'operaio di Marx che è vittima di una “falsa coscienza” inoculata dallo Stato borghese. Non siamo liberi! Anche se sembriamo più liberi che mai; qui arriva l'incongrua tesi di Foucault secondo cui la nascita delle società liberali porta alla riduzione della libertà individuale. Si tratta di una subordinazione invisibile, che solo l'occhio allenato - l'occhio del risvegliato e di chi rimane sveglio - può percepire.

E poiché non si può essere tolleranti nei confronti dei nemici della vera libertà, come proclamava Herbert Marcuse, il rivoluzionario ha il diritto di sopprimere la falsa libertà dell'altro. Il suo scopo, ovviamente, è edificante: procurare l'emancipazione dell'oppresso che si crede libero. Così si può dire che il neopuritano salva l'individuo alienato quando lo spinge a vivere una vita autentica, proprio come i vecchi puritani salvavano l'anima del reprobo.

C'è quindi un filo che collega l'apparente libertarismo degli anni Sessanta con il neopuritanesimo contemporaneo: poiché le masse non sono state in grado di aderire alla rivoluzione, il corretto stile di vita deve essere imposto loro in nome del progresso dell'umanità. Se continuiamo a tirare il filo, ci ritroviamo con Robespierre - la salute pubblica richiede sacrifici - e persino con Lenin: libertà per cosa?

In democrazia, per fortuna, ci sono dei limiti a ciò che si può fare agli altri: il neopuritano abbaia, ma non può mordere. Assicuriamoci, quindi, che la democrazia sia ancora in vigore. Se vogliono farci la morale, che almeno non ci puniscano.

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I commenti dai nostri lettori (2)

Paul Attard 28.12.2024 I got lost on the 2nd page! There are several philosophers mentioned, whose writings for me are obscure/difficult: Habermas, Foucault, Marcuse I truly believe that Europe has lost its way because it has forgotten/rejected God/Christianity. As a result, as Benedict XVI said in one of his books on relativism, anything is acceptable: Euthanasia, Abortion, Wokeism, Colonial reparations, Hedonism. Oh dear, what a mess! Social media doesn’t help either. I am no friend of twitter, instagram, etc. Do not use them.
Bernard Farine 28.12.2024 Ce texte est un peu compliqué tant sur le fond que sur la forme (phrases interminables). Je comprends l'essentiel mais certaines nuances m'échappent. Je reste toujours circonspect sur l'emploi du terme "éveillé' (ou woke) qui sert souvent à enfermer l'adversaire dans un carcan. J'ai modifié un morceau de phrase qui n'était pas équilibré au milieu du texte, sans en changer le sens, j'espère. Les "illibéraux" (type Victor Orban) ne sont généralement pas anti libéraux au moins au sens économique, mais ils peuvent l'être dans la conception sociale et culturelle du terme.