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Senegal: i colori delle piroghe

Newsletter Missionari Comboniani 16.05.2023 Andrea de Georgio Tradotto da: Jpic-jp.org

Il settore della pesca è fondamentale sia per la stabilità socio-economica sia per la sicurezza alimentare della popolazione di questa intera regione del Senegal. Abbiamo accompagnato alcuni pescatori in una notte di pesca.

A Soumbédioune, un porto colorato incastonato tra le rocce di Medina, uno dei quartieri più antichi di Dakar, il viavai è incessante. File di donne trasportano sulla testa casse di pesce appena sbarcato verso le bancarelle del mercato adiacente, mentre una folla di bambini saltella da una piroga all'altra, cucendo reti e preparando lenze, ami, esche e galleggianti per i "grands frères" che aspettano di salpare.

È quasi il tramonto. Madj, come tutti i presenti nel porto di Soumbédioune, scruta le increspature delle onde senza mai staccare gli occhi dall'orizzonte. Il suo viso, solcato dal vento e dal sole, si contrae ad ogni raffica, ad ogni onda, ad ogni aumento di corrente, tradendo la sua preoccupazione. Vestito con giacca militare, pantaloni della tuta, felpa Air Jordan e berretto da artista, i corti dreadlocks con perline di sale che spuntano qua e là, questo esperto pescatore artigianale sulla quarantina conosce le acque di Dakar come le sue tasche.

"Si può dire che sono nato su questa spiaggia". Madj non possiede una barca, ma accompagna spesso in mare il suo amico Bouba, giovane capitano di una delle tante piroghe di legno colorate che, disposte una dopo l'altra sulla spiaggia, costituiscono la flotta dei "pescatori informali" di Soumbédioune. Tronchi di piroga lunghi e stretti su cui la vernice dai colori sgargianti - prevale il verde-giallo-rosso della bandiera senegalese - e le scritte, soprattutto "Allah" e formule di benedizione in lingua wolof, nascondono solo in parte le crepe che si aprono negli scafi, mille e una volta ribattute e riparate.

Il sole sta per tramontare dietro le case che, in lontananza, appaiono sul lato opposto della baia rispetto al piccolo porto di Soumbédioune, quando Madj si aggiusta il cappello e fa un gesto all'amico Bouba. È il segnale di salpare. È il momento di caricare a bordo le ultime attrezzature e, con un instancabile movimento collettivo, far scivolare la piroga dalla spiaggia fino a toccare le acque dell'Oceano Atlantico.

Molti, come Madj e Bouba, si affrettano a lasciare la riva prima che scenda la sera. La traversata fino al mare aperto, con le sue grandi e lunghe onde che sollevano dal basso le fragili barche di legno, dura solo una decina di minuti. L'antico motore, con Bouba al timone e Madj a prua, tossisce sopra il sibilo del vento e il grido dei gabbiani.

Gli spuntoni della scogliera frastagliata dell'isola di Sarpan appaiono davanti ai loro occhi come il dorso di un dinosauro adagiato nell'acqua. Le Isole Madeleine sono un arcipelago composto da due formazioni rocciose di origine vulcanica, Sarpan e Lougne, che si trova a poche miglia dalla costa occidentale di Dakar.

Seguiti a vista da diverse altre piroghe, Madj e Bouba circumnavigano l'isola per raggiungere una delle migliori zone di pesca ai calamari: la baia dell'insenatura che penetra nel lato sud-occidentale dell'isola.

Dopo un'attenta osservazione del fondale Madj getta l'ancora, cercando di prevedere da dove si alzerà il vento durante la notte. Nel frattempo Bouba, ancora a poppa, armeggia con una batteria da 12 volt, torce e cavi elettrici. Questo tipo di pesca tradizionale viene praticato con l'aiuto di lampade calate a pochi metri di profondità per attirare gli avannotti e i predatori notturni, come i calamari. "Una volta si pescava con i fuochi accesi sulle barche. L'ho visto fare quando ero bambino. Oggi, invece, usiamo LED cinesi colorati", dice Madj.

In pochi minuti le ultime luci del giorno lasciano il posto ad un'oscurità disarmante. I suoni e i bagliori della vicina Dakar si perdono oltre la scogliera. Sotto ogni canoa scossa dalla corrente l'oceano si accende di luci blu e verdi. "Il colore dipende dalla luna. Quando c'è la luna piena, mettiamo i LED rossi e creiamo uno spazio d'ombra". L'atmosfera è surreale e si accompagna con il potente grido di stormi d’uccelli appollaiati sulle scogliere dell'isola. Madj accende la torcia sulla sua fronte e lega ami ed esche alle estremità delle lenze. Lo spazio a bordo è stretto e i due pescatori lavorano seduti, per evitare pericolosi scossoni allo scafo.

Accovacciati sui lati opposti della piroga, uno di fronte all'altro, i due uomini si guardano in silenzio e, in una danza di gesti antichi, fanno scivolare in acqua le lenze strette tra le dita.

Ritmicamente alzano e abbassano prima un braccio e poi l'altro facendo strisciare le lenze lungo i bordi dello scafo, che segue il loro movimento. Ampi solchi lasciati sulle fiancate della barca testimoniano innumerevoli battute di pesca come quella di stasera.

Nonostante le manciate di sabbia gettate in mare, un'altra tecnica per attirare i predatori delle profondità marine, la prima lunga ora di pesca non porta alcuna preda. "A volte non si fa in tempo a lanciare la sabbia che cominciano ad abboccare. Altre volte, invece, passano ore senza prendere nulla. La pesca è così".

Madj, per tenere alto il morale, canta canzoni in wolof. Bouba accende nervosamente l'ennesima sigaretta iniziando a scaldare la brace per il caffè su un fornello improvvisato, ricavato da un vecchio cerchione di motorino e da una lastra di alluminio forata. La brezza soffia scintille di carbone sulla superficie del mare. Anche sulle piroghe intorno i fuochi di quei bar improvvisati si accendono uno dopo l’altro.

Improvvisamente il giovane capitano si alza in piedi, facendo pericolosamente oscillare la barca. Nella fretta di tirarlo a bordo, il primo calamaro sfugge alla sua presa, schizzandogli l'inchiostro in faccia. Ma è solo il preludio di un'ora di pesca abbondante, con diversi grossi calamari (e una seppia) catturati uno dopo l'altro.

La stessa fortuna, questa sera, l'hanno anche le altre barche ancorate in questa baia, con giovani pescatori (alcuni da soli, altri in coppia) che adesso festeggiano condividendo caffè, sigarette e risate con le piroghe vicine. "Sembra una serata fortunata!", esulta Madj, senza smettere di portare in superficie i pesci che, prima di essere gettati ai suoi piedi, si attorcigliano sugli ami spruzzando bava nera.

La notte è ormai inoltrata ed il vento che si alza penetra sotto i numerosi strati di vestiti dei due pescatori, che adesso tirano fuori dagli zaini delle tute incerate. Madj cerca di riposare, appollaiato a prua sulla cima bagnata dell'ancora, mentre il suo compagno alterna teiere di caffè a tentacoli di seppia abbrustoliti.

All'orizzonte, mosse dal rollio delle onde, persistenti luci fredde irrompono nel buio: "Sono i pescherecci stranieri", commenta Madj, che non riesce a dormire. "Dobbiamo stare in guardia perché, se arrivano a tutta velocità, da lassù non ci vedono e rischiano di speronarci, come è già successo a molte altre barche". Fortunatamente, le grandi imbarcazioni battenti bandiere europee ed asiatiche restano al largo questa notte, senza disturbare la pesca delle piroghe che continuano, con insolito successo, fino all'alba.

Al ritorno in porto, Madj guarda il sole che torna a fare capolino dietro gli edifici di Dakar, sbuffa stancamente e si mette in testa un berretto di lana. I tratti tesi del suo volto si trasformano in un sorriso solo quando i suoi piedi nudi e il secchio pieno di calamari toccano la sabbia fresca della riva.

A quest'uomo esausto non resta che affidare il pescato ai venditori del mercato di Soumbédioune, tornare a casa, lavarsi, fumare e riposare per qualche ora, prima della prossima uscita in mare.

Vedi, Senegal: The Colours of the Pirogues

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I commenti dai nostri lettori (1)

Margaret Henderson 17.07.2023 The description of the lives of men working on Senegalese pirogues was beautiful written. I could so easily picture the fishing expedition and understand the hardships, the fears and the rewards of the workers.